Social, cibo e pubblicità: quanto sono condizionate le nostre scelte alimentari?

di Sara Barone

Nell’era del network e della comunicazione digitale, il cibo è diventato uno strumento di facile impiego ed enorme efficacia per la promozione di stili di vita o semplici trend.

Sempre più spesso, scorrendo la home di un qualsiasi social network il cibo, in maniera più o meno occulta, viene pubblicizzato e riproposto, in infinite diverse varianti, ai nostri occhi.

Ma quanto il cibo che mangiamo influenza la nostra sfera social e anche quella sociale?
Per quanto concerne l’ambito social, influencer e personaggi dello spettacolo ci propinano sulle più disparate piattaforme dell’interweb ricette di loro creazione, combinazioni di cibi talvolta agli antipodi di quelli appartenenti alla nostra cultura alimentare. Eppure ci ritroviamo ad emularli, ad ispirarci a loro. Il cibo non è perciò più una sola fonte di sostentamento, un momento privato, ma è un rito sociale, un’immagine che rappresenta ciò che sentiamo di essere in quel particolare contesto.

giornali-tv-radio-volantino-logo-media-internet-depliantIl cibo è diventato un ottimo mezzo di comunicazione, in grado di dirci molto della persona che stiamo guardando. Noi stessi, nel nostro piccolo, esercitiamo un’influenza sociale sull’alimentazione altrui, sia per il nostro giudizio sulle abitudini alimentari degli altri, ma anche con le nostre stesse scelte.
Uno studio condotto in Inghilterra e pubblicato sul Journal of the Academy of Nutrition and Dietetics ha svelato che le abitudini di coloro che ci circondano condizionano la qualità e le quantità della nostra dieta.

I bambini e la pubblicità


imagesI più piccoli sono coloro che maggiormente risentono di questo bombardamento ininterrotto. E gli alimenti che fanno più facilmente presa su questo tipo di spettatore sono generalmente ricchi di grassi, zuccheri e sodio, cibi privi di nutrienti essenziali ma che fanno gola ai più piccini. L’Europa vanta un panorama piuttosto eterogeneo di questo fenomeno pubblicitario: uno dei paesi con il più basso numero di spot mandati in onda è la Svezia, mentre la Polonia occupa il gradino più alto del podio. L’Italia, con un altissimo tasso di obesità infantile, è uno dei paesi con il più alto numero di spot pubblicitari che riguardano il cibo, soprattutto quello spazzatura, un ossimoro per un paese dall’enorme cultura e patrimonio alimentare.

Come si è evoluta la pubblicità?

1412325641_socialnetworks_nkIl passaggio dalla tv ad internet è di vitale importanza, ma a cambiare nel corso dei decenni è stato proprio il modo di fare pubblicità. Se nei primi anni ’60 il prodotto, alimentare e non, era il protagonista indiscusso dello spot, dove la sua immagine veniva risaltata all’inverosimile così come le sue caratteristiche, oggigiorno il focus si è concentrato sul compratore. Il soggetto che adopera il prodotto lo contestualizza, lo ingloba in una storia, concentrando la pubblicità più sull’esperienza e le emozioni che il prodotto può evocare, che sulla sua stessa natura.

Pubblicità ingannevole: cos’è e come difendersi

di Sara Barone

Bevande dalle proprietà miracolose per l’organismo, alimenti che decantano immaginarie proprietà depurative, è il fenomeno incalzante della pubblicità ingannevole, in esponenziale aumento nell’ultimo decennio. Questo meschino modo di fare marketing trova i suoi esempi più lampanti nella promozione di nutrienti ed ingredienti che costituiscono una minima percentuale del prodotto in commercio e nell’esaltazione delle loro proprietà benefiche.
La rivista belga Test Achat, ha intrapreso un’inchiesta sul mercato alimentare evidenziando quanto l’aggiunta di parole chiave o ingredienti comunemente ritenuti salutari crei slogan accattivanti, ma assolutamente falsi.
Grazie alla diffusione capillare dei media, ogni giorno veniamo bombardati da informazioni erronee e fuorvianti, soprattutto quando si tratta di alimentazione e cura della persona.  E l’aggiunta di slogan ben strutturati condizionano drasticamente la nostra maniera di approcciarci all’acquisto di un prodotto.

Cibi senza e superfood

depositphotos_38444911-stock-photo-superfoodSenza dubbio alimenti dalle vaste proprietà benefiche, i superfood sono diventati negli ultimi anni un facile strumento pubblicitario per le grandi industrie alimentari che vogliono cavalcare l’onda dell’apparente salutismo. Già il nome, superfood, non ha nulla di scientifico, ma nasce proprio dall’universo del marketing. Questi alimenti dalle miracolose proprietà sono spesso in verità molto comuni, le cui virtù benefiche, vengono solo enfatizzate tramite la pubblicità. Ma è anche vero che moltissimi alimenti, se parte di una dieta bilanciata e varia, operano da superfood.
Con questo termine oggigiorno ci riferiamo però anche a cibi esotici, poco conosciuti e che fanno parte di qualche trend appena nato. Negli ultimi anni, infatti, mandorle, bacche di goji, curcuma, avocado e altri alimenti dal sapore esotico hanno trovato il loro posto in mercati da cui non provengono originariamente.
Su quest’onda si posizionano anche i cibi senza: senza ogm, senza glutine, senza zuccheri. Diciture che spesso appaiono su prodotti che non contengono queste sostanze già per loro natura, ma che attirano l’occhio e l’interesse del compratore.

Esiste una legge che ci tutela?

Ebbene sì, i regolamenti a tutela del consumatore ribadiscono che le informazioni sugli alimenti non devono indurre il consumatore in errore circa natura, identità, proprietà, composizione, quantità, conservazione, paese d’origine, metodo e luogo di produzione ci ciò che viene messo in commercio (articolo 7 comma 1 regolamento UE 1169/2011, applicabile dal dicembre 2014). Anche solo la presenza o l’assenza di una o più sostanze nutritive o ingredienti può essere ritenuta ingannevole ai danni del consumatore. Ciò nonostante l’Istituto di autodisciplina pubblicitario (Iap) e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) denunciano quotidianamente aziende e produttori che non rispettano queste norme.

Pubblicità comparativa

Uno dei metodi più comuni per sviare questo problema è la pubblicità comparativa, che può essere però effettuato solo tra alimenti della stessa categoria, in egual quantità e che deve risultare perciò oggettiva.

Come difendersi?

etichette-alimentari-ecco-come-decifrarle-e-non-farsi-ingannare-640x342L’informazione è la chiave per una protezione efficace contro questo genere di “frode”. Non sempre i prodotti delle aziende di punta sono effettivamente quelli più buoni, e non sempre i prodotti che ci appaiono più attraenti o che sembrano più sani lo sono a tutti gli effetti. Conoscere ciò che si compra e si mangia è importantissimo, perciò bisogna porre attenzione e occhio critico alle etichette, per capire cosa vogliamo portare davvero sulle nostre tavole e andare oltre uno slogan accattivante.

Igiene ed infezioni: quando troppo pulito fa male?

L’allarme lo ha lanciato la prestigiosa rivista New Scientist che, ha evidenziato che l’uso ossessivo di disinfettanti nella vita di tutti i giorni non è salutare ma dannoso, tenuto conto delle numerose sostanze chimiche, che sono alla base dei comuni prodotti in uso per igiene casalingo. L’impiego incongruo ed abbondante di prodotti per l’igiene non è certo un comportamento virtuoso ma è responsabile di una riduzione delle difese immunitarie.

hand-3565766_1920L’articolo dei New Scientist è basato su un attento studio scientifico, ma noi ne avevamo intuito l’importanza dando uno sguardo al passato e vedendo come i bambini, i famosi Scugnizzi, che di certo avevano dell’igiene un concetto molto sfumato, pur alimentandosi naturalmente, senza curarsi di lavare il cibo che riuscivano a procurarsi, coprendosi alla meno peggio, avevano per tetto il cielo, mostravano una maggiore resistenza alle infezioni rispetto ai loro coetanei, che conducevano una vita più confortevole.

Ma tornando ai nostri giorni i recenti studi, dimostrano che l’eccesso di pulizia è rischioso se non dannoso a causa dei prodotti in uso che sono una miscela di sostanze chimiche, che secondo studi recenti, hanno effetti solo parzialmente noti, ma senz’altro, inquinanti per l’ambiente.

L’ Fda, titola ad avvalorare quanto diciamo, un suo recente aggiornamento per i consumatori con un avvertimento: Antibacterial soap? You can skip it use plain soap and water.

L’ ente americano già nel 2013 aveva messo in guardia i consumatori del uso degli antisettici per uso personale senza risciacquo, poiché si chiedeva una revisione delle norme che ne regolano l’uso.

 

A 3 anni dall’inizio dello studio ben 19 prodotti sono stati considerati  non idonei all’uso come prodotti antibatterici senza risciacquo per l’igiene personale:Hexachlorophene
– Hexylresorcinol
– Iodophors (Iodine-containing ingredients)
– Iodine complex (ammonium ether sulfate and polyoxyethylene sorbitan monolaurate)
– Iodine complex (phosphate ester of alkylaryloxy polyethylene glycol)
– Nonylphenoxypoly (ethyleneoxy) ethanoliodine
– Poloxamer—iodine complex
– Povidone-iodine 5 to 10 percent
– Undecoylium chloride iodine complex
– Methylbenzethonium chloride
– Phenol (greater than 1.5 percent)
– Phenol (less than 1.5 percent)
– Secondary amyltricresols
– Sodium oxychlorosene
– Tribromsalan
– Triclocarban
– Triclosan
– Triple dye

Quest’ultimo nelle nostre case è presente in molti e pubblicizzati prodotti di uso comune come dentifrici, detergenti intimi e colluttori.

Il triclosan è responsabile di alcuni effetti nocivi per il nostro organismo, interferisce con gli ormoni tiroidei e sessuali, crea antibiotico-resistenza,  danneggia la flora batterica intestinale e cutanea.

Purtroppo fornire una informazione incompleta, mendace o fuorviante è di uso comune per conquistare un mercato enorme in cui si instilla la paura di contrarre malattie per scarso igiene, la rupofobia che è appunto l’ossessione al pulito, è forse l’obiettivo che si impone da tempo l’ industria.

batteri-1Siamo quindi bombardati da spot in cui si vedono pavimenti, piani di lavoro, giocattoli pieni di microscopici biomostriciattoli, che minacciano la nostra salute e quella dei nostri figli. Non ci sono, a tutt’oggi, dati che dimostrino che l’utilizzo domestico di detergenti contenenti antimicrobici assicurino una maggiore protezione dalle malattie e dalle infezioni, ma al contrario l’uso di questi germicidi  può essere causa di rischi per la nostra salute.

Evidenze scientifiche ha detto Janet Woodcock, direttore del centro della FDA DRUG EVALUATION AND RESEARCH, ci induce a pensare che possono fare più male che bene a lungo termine.

Basti pensare che quasi sempre disinfettanti contengono cloro che molto spesso è causa di allergie e questa condizione è dovuto al vivere in un ambiente ai limiti della settico che è dannoso al sistema immunitario.

I bambini devono sporcarsi, «Non si tratta di vivere nella sporcizia, ma di lasciare che i bimbi possano venire a contatto con i germi sporcandosi durante il gioco, stando all’aperto, frequentando i loro coetanei – spiega Angelo Vacca, presidente della Società Italiana di Immunologia, Immunologia Clinica e Allergologia e docente di medicina interna all’Università di Bari.

Quando si incontrano batteri e virus, infatti, vengono prodotti anticorpi della classe delle immunoglobuline A e G, (IgA e IgG) mentre non si formano immunoglobuline di tipo E (IgE), che invece sono più abbondanti se non c’è un’esposizione ai germi. «Le IgE si legano a recettori specifici su cellule che si trovano nella pelle e nelle mucose, i mastociti, che per questo motivo si attivano e liberano istamina, la sostanza responsabile di gran parte dei sintomi delle allergie. I piccoli tenuti troppo protetti, che non hanno contatti con i coetanei perché non vanno al parco giochi o all’asilo hanno più IgE e sono perciò più esposti ad allergie di vario genere». Ammalarsi da piccoli, quindi, è, in un certo senso, il prezzo da pagare per non dover combattere a vita contro dermatiti allergiche, asma o intolleranze alimentari, che non a caso sono molto più frequenti di quanto si possa immaginare.

Ma l’uso smodato di antibatterici concorre anche ad aumentare il fenomeno dell’antibiotico resistenza che è considerata dalla o.m.s. una delle minacce più serie che la salute pubblica globale, del nostro tempo, sta vivendo.

Delle 700000 persone che muoiono ogni anno a causa dell’ antibiotico- resistenza, 99000 sono negli Stati Uniti con un impatto sui costi pari a 8 miliardi di dollari, mentre in Europa sono 25000  con 1,5 miliardi di euro di spesa.  La società europea di microbiologia clinica parla in questo caso di rischio Armageddon antibiotici con oltre un milione di morti attesi  nel 2025 in Europa e nel 2050 l’ antibiotico- resistenza sarà responsabile di 10 milioni di decessi, diventando la prima causa di morte nel mondo.

Cosa mangiano gli italiani?

di Sara Barone

Una nuova rivoluzione alimentare

La cultura alimentare di molti italiani è fatta di accostamenti soggettivi, combinazioni personali di luoghi di acquisto dei prodotti e delle diete che si è deciso seguire, una dinamica che la crisi economica degli ultimi anni non ha ostacolato, bensì ha incentivato, portando una voglia di sicurezza e genuinità nei prodotti che mettiamo in tavola.

Le abitudini alimentari di una larga fetta della popolazione italiana sono guidate da una maggiore responsabilità e attenzione alla propria salute, e quale modo di tutelarla se non partendo proprio dal cibo? Proprio il nostro rapporto con esso, nell’ultimo decennio, ha sì continuato a seguire le mode e i trend, ma è divenuto più personale.
pasta-794464_1920L’avvento di questa svolta salutista ha dato vita ad una cultura alimentare fatta di patchwork di varie diete e tendenze: molti dei consumatori che dichiarano di acquistare in prevalenza solo prodotti Dop, Igp o di agricoltura biologica, non negano di concedersi, qualche volta, uno strappo alla regola: i fast food.
In linea di massima però, in questo periodo di rinascita della cultura alimentare, soprattutto nella nostra penisola, i consumatori seguono specifiche tendenze che vanno a ricoprire soprattutto due aspetti fondamentali: la qualità dei prodotti e la loro sostenibilità.

 

Come scegliamo i prodotti che consumiamo?

Il consumatore si è fatto più responsabile, conosce, o così alcuni credono, meglio i prodotti che sono disponibili sul mercato, e acquista di conseguenza. Molti si preoccupano non solo di ciò che mangiano, ma anche di come gli alimenti nel loro piatto sono stati prodotti: è la rivalsa del cruelty free e della produzione a km zero.
La crisi ha incentivato questo cambiamento di rotta dei consumatori, che si approcciano alla spesa con meno sprechi e consumi. Inoltre in contrasto con la grande distribuzione organizzata – che nei decenni passati,  grazie al boom economico e all’incontrollabile globalizzazione, ha messo in ginocchio i piccoli esercizi tradizionali – si predilige l’acquisto diretto dal produttore, i cui prezzi, generalmente convenienti per i prodotti di qualità che vengono offerti, induce le persone a comprare e consumare più frutta e verdura. E’ una svolta salutista che ha introdotto sulle tavole di molti italiani più frutta e verdura, ricche di fibre e vitamine, a sfavore di carne, insaccati e pesce.

hamburger-494706_1920Mangiare fuori, di conseguenza, è diventata sempre più una trasgressione, ma anche un momento piacevole, di unione sociale, a favore dello slow food, per mangiare ciò ci che piace.
Il 33% degli italiani dichiara di aver operato questo cambio di strategia per una maggiore attenzione alla propria salute; sono difatti gli anziani in primis a preferire un tipo di dieta più equilibrata, mentre i giovani (soprattutto studenti, ancora di più se fuorisede) e i lavoratori (in maggioranza gli impiegati) preferiscono una dieta più veloce e meno impegnativa.

L’avvento di questa nuova corrente alimentare, che affonda le proprie radici nell’antichità della nostra penisola, è il trampolino di lancio per la riaffermazione di prodotti DOP, DOC e IGP, orgoglio del patrimonio gastronomico italiano, che per anni hanno vissuto nell’ombra delle grandi industrie. E’ l’inizio di una vera e propria rivoluzione alimentare, che riprende ciò che il passato ci ha donato, rendendolo attuale. La riappropriazione e l’esaltazione di questi prodotti, che si sposano perfettamente con la dieta mediterranea dalla quale sono nati, è alla base di questa trasformazione. Il rapporto fra uomo e cibo è cambiato, e così anche i rapporti e le tecniche di produzione stanno adattandosi, ripercorrendo nuove strade alla ricerca di strategie in grado di valorizzare prodotti e tradizioni italiane.

 

Punture di insetto e zoonosi: come affrontarle

Le zoonosi più comuni, che hanno come vettore per la trasmissione gli artropodi, sono quelle causate da zecche, zanzare pulci, mosche, che purtroppo, si sono adattati alla vita ectoparassitarie e riescono a superare i meccanismi difensivi degli animali e dell’uomo.

I vettori secondo la  OMS sono  organismi viventi che possono trasmettere la malattia infettiva tra gli esseri umani o dagli animali all’uomo.

Spesso gli insetti ematofogi sono portatori di malattie, quando si nutrono del sangue di un ospite infetto,  successivamente lo inoculano in un nuovo ospite.

Le ultime evidenze scientifiche hanno evidenziato la responsabilità dei cambiamenti climatici sulla salute e quindi sulle malattie zoonotiche, alcune delle quali erano considerate scomparse. Responsabile del ritorno di queste malattie, indotte da vettori, è senz’altro il clima, che ne favorisce il loro insediamento, aumentando in modo preoccupante il rischio di trasmissione di agenti patogeni nell’uomo e negli animali. A favorire il fenomeno di ubiquitarietà di vettori, che prima erano confinate In alcune zone, è senz’altro il clima, basta osservare il caso della zanzara tigre, che è presente in Italia da circa vent’anni a seguito delle importazioni di pneumatici usati, che hanno accolto questi insetti nell’acqua stagnante al loro interno. Sulla base di questo fenomeno si sta indagando sul possibile rischio di ricomparsa della malaria, che finora era considerata una zoonosi a basso rischio per l’italia. Infatti, nonostante la distribuzione dei vettori possa essere influenzato dai fattori ecologici e socio-economici, è il clima che ne favorisce l’insediamento in regioni geografiche storicamente indenni.

Negli anni 50 si preconizzo’ la morte delle infezioni e si penso’ che il mondo scientifico ci avrebbe liberato dalla paura. Purtroppo queste previsioni si sono rivelate errate, anzi in questo inizio di secolo, è sempre più diffuso il rischio di contrarre malattie infettive che nei secoli scorsi hanno costituito la principale causa di morte in Italia e nei paesi industrializzati. Oltre alle malattie infettive più conosciute sono state individuate numerose malattie infettive emergenti causate da punture di insetti. Le zanzare di sicuro sono i vettori più noti, ma mosche, pappataci, pulci e cimici non sono da meno, sono causa ogni anno nel mondo di oltre un miliardo di casi è più di un milione di decessi, rappresentano oltre il 17% di tutte le malattie infettive. Secondo il danno che provocano e la localizzazione sul ospite si distinguono in :

  • Molesti quando arrecano molestia a seguito della puntura,ad esempio zanzare o con la sola presenza ( chironomodi ) che sono simili a zanzare
  • Ectoparassiti temporanei che sono quelli che restano nel l’ospite per breve tempo per poi abbandonarlo poco dopo come cimici, zecche e pulci
  • Ectoparassiti obbligati sono quelli che vivono stabilmente nel l’ospite, essendo causa di infestazione continua come pidocchio e acaro.

Gli artropodi che più spesso sono responsabili di zoonosi nell’uomo sono le zecche. Questi parassiti hanno il loro habitat abituale in ambienti ricchi di alberi, dove trovano riparo sotto le foglie, ma sono presenti anche in ambienti urbani, dove non sono protette dalle foglie, ma sono attirate dalla anidride carbonica emessa dal ospite in prossimità del quale tendono a sostare.

Nel caso di puntura il rostro resta conficcato nella cute ed è necessario staccare il parassita tempestivamente per prevenire la trasmissione di agenti patogeni, avendo cura di controllare le altre zone del corpo per escludere altri parassiti. Le zecche causano arrossamento nel punto in cui è avvenuta la puntura, edema, prurito, eritema, reazioni allergiche. Nel caso trasmette parassiti può provocare la malattia di Lyme , la cui sintomatologia è caratterizzata da febbre, astenia, linfoadenite, splenomegalia, aritmia e nei casi più gravi: paralisi.

La rimozione va fatta da persone esperte, meccanicamente, senza ricorrere a sostanze chimiche, come era in uso in passato, che possono essere, invece, responsabili di ipersalivazione della zecca e quindi un maggior rischio di trasmissione di patogeni.

filariosi

Zanzare

Sono ubiquitarie e cosmopolite, preferendo i climi caldo umidi, alcune preferiscono per colonizzare le acque dolci, altri, invece si adattano a salinità diverse, dando la preferenza quelle salmastre. La ricerca dell’ospite avviene ponendosi controvento in modo da catturare la scia di segnali chimici o fisici che orientano l’insetto verso la preda. La puntura provoca un’infiammazione di natura allergica della cute, che presenta ponfi dolorosi e pruriginosi,la intensità del processo è legato alla sensibilità individuale. Al di là della manifestazione cutanea possono inoculare agenti patogeni importanti come malaria, febbre emorragica , encefalite anche letale. Nel caso delle pulci, in linea generale, la puntura è causa  di: una lieve irritazione cutanea e prurito locale più raramente si hanno gravi forme allergiche ma in soggetti predisposti, le pulci sono vettori biologici importanti cioè attraverso la loro puntura sono responsabile della trasmissione di malattie come la bartonella e la malattia da graffio di gatto., solo la forma adulta è ematofoga, la puntura oltre all’azione meccanica, determina iniezione di saliva che contiene sostanze anticoagulanti, che determinano  irritazione e sensibilizzazione.

L’arma per difenderci dalle zoonosi è rappresentata da biocidi che secondo il regolamento dell’Unione Europea sono tutte quelle sostanze che hanno la capacità di distruggere eliminare o rendere innocuo qualsiasi organismo nocivo, si dividono in tre gruppi :

-disinfettanti

– preservanti

-capaci di controllo degli animali nocivi.

51-a+qz8cpL._SX355_Per la protezione della persona il più innocuo è l’olio vegetale ottenuto dai semi di azadirachta che esplica attività antibiotica, antibatterica ed antiparassitaria in modo naturale.