Per il Medioevo è impossibile parlare di unità culturale e politica così come si era fatto per l’età Antica. Con la caduta dell’Impero Romano alle strutture tipiche dell’impero si sostituiscono quelle  delle popolazioni barbare, due culture agli antipodi, la prima sostanzialmente agricola, alimentata dal mito dell’urbe e dell’agricoltura, i cui alimenti status sono il pane di grano, il vino e l’olio; la seconda è una società per lo più guerriera, basata sulla caccia e l’allevamento in semi-libertà, popolazioni che si dividono in grossi villaggi, generalmente sotto la guida di un capo.

Alto medioevo

Alla caduta dell’impero d’occidente il modello romano resiste, anche grazie alla diffusione del Cristianesimo che mantiene le tradizioni di Roma.
Non è un periodo di conversione, ma piuttosto di fusione fra le diverse culture, la tradizione barbara si integra a quella romana.
I barbari si occupavano principalmente della caccia di bestie selvatiche e dell’allevamento. I guerrieri erano ritenuti il ceto più importante, perciò la carne era considerata un alimento di altissima importanza fornendo all’organismo umano le sostanze necessarie alla sua crescita (proteine, fosforo, calcio e ferro). La birra, laddove era possibile, veniva spesso sostituita dal vino. Due tipi di vini erano principalmente diffusi: i vini fiore, ottenuti dalla spremitura prima dell’uva, e i vinelli, ottenuti con la spremitura dei resti.

I germani, con cereali meno raffinati del grano (segale, fatto, miglio) iniziarono a produrre anche una variante del pane bianco. Nell’Europa meridionale vi fu un incremento del consumo di carne e dell’utilizzo di lardo e burro come sostituto dell’olio. La carne prodotta  in queste zone era principalmente quella dei maiali e delle pecore, strettamente legata alla tradizione italica, o animali da cortile.
La carne veniva generalmente bollita, per renderla più morbida e per sterilizzarla.
Questo sistema agro-silvo-pastorizio forniva alle popolazioni interessate un’alimentazione diversificata, dovuta anche ad un certo equilibrio demografico.

I cereali inferiori erano molto più diffusi del grano e solitamente accompagnati da legumi (fave, fagioli, ceci). Le verdure dell’orto, sul quale non gravavano imposte, erano un elemento importante nella preparazione di zuppe nelle quali si cuoceva poi la carne. Anche il pesce era un alimento molto apprezzato, ma più pericoloso da reperire poiché dal VII secolo il mediterraneo era quasi tutto sotto il dominio arabo.
La società medioevale era sostanzialmente organizzata in tre gruppi: bellatores (guerrieri-aristocrazia), oratores (clero) e laboratores (per lo più contadini). Ciascun ceto mangiava cibi diversi. L’aristocrazia, specialmente se germanica, prediligeva la carne rossa e la selvaggina. Il clero, soprattutto se quello monastico, seguiva la Regola Benedettina, perciò mangiava per lo più pane, minestre in brodo con erbe e ortaggi.   Per i laboratores lo spettro alimentare era più povero, ma il la grande varietà di cibi del periodo gli permetteva di consumare cereali, erbe, ortaggi, legumi e anche carne (pollame, maiale e ovini) seppur in piccole quantità.
Numerosi studi sui resti umani appartenenti a quest’epoca, lasciano intendere che gli individui nutrivano di buona salute. Non risulta che ci siano stati lunghi periodi di carestie o crisi demografiche dovute ad epidemie.

Basso medioevo

Il passaggio dall’alto  al basso medioevo modificò radicalmente la produzione alimentare europea. Dalla metà del X° secolo il sistema agro-silvo-pastorale è minacciato da una forte spinta demografica e dalla nascita di una nuova economia di mercato.
La grande quantità di terre incolte spinge i ricchi proprietari terrieri ad estendere lì le proprie colture.
Non si parla più di un’economia di sussistenza.
La colture dei cereali viene incrementata per dure ragioni,  è facile da conservare e da stoccare e perché consente di soddisfare il nuovo mercato.  Il paesaggio agrario europeo si trasforma. I cereali tornano ad essere l’elemento principale dell’alimentazione contadina, il diritto alla caccia e al pascolo diventa illimitato e ben presto la carne scompare dalle aree rurali, almeno fino al XIV°, quando la peste consente un notevole calo demografico.  L’aristocrazia e gli abitanti delle città continuano a beneficiare di un privilegio alimentare, sostenuto dalle autorità. Vi è una netta opposizione fra modello urbano e quello rurale, non solo a livello quantitativo ma anche qualitativo.                 Nelle città c’è a disposizione pane bianco e carni fresche (di pecora principalmente), mentre nelle campagne il pane è più grezzo, la carne generalmente salata per la conservazione.
Il vino era la bevanda maggiormente consumata in questo periodo, spesso annacquato o insaporito da spezie o frutta, come lo zenzero, il cardamomo, l’anice.
In questo periodo si diffonde una certa ricercatezza, nel ceto aristocratico e borghese, non solo nella varietà degli alimenti ma anche nella loro preparazione.               L’aristocratico, allo scopo di ostentare le proprie qualità, aveva l’obbligo di presentare ai sui convitati vivande ricercate, servite durante banchetti eleganti, spesso accompagnati da interpretazioni musicali o teatrali.
Ebbero grande diffusione le spezie, per insaporire i cibi. La differenza tra pietanze dolci e salate in questo periodo è piuttosto trascurata, ogni vivanda era solitamente dolcificata dal miele.
La dieta del clero, esaminando gli scritti del periodo, risulta quasi invariata. Il consumo della carne avveniva solamente in certi giorni dell’anno, mentre in giornate specifiche, come il mercoledì e il venerdì era sostituita da uova, formaggi, legumi o pesce.
Grande importanza ebbe anche il dominio Arabo nel meridione: gli arabi diffusero nella zona mediterranea alcuni frutti e agrumi (albicocche, cedro, arance, limoni), ortaggi (melanzane,  spinaci,  carciofi) e nuovi cereali ( sorgo e riso).
La netta separazione fra le diete in base alle classi sociali ebbe il suo riverbero anche sulla condizione della salute della popolazione, facendo emergere le scarsissime e durissime condizioni di vita nelle zone rurali.

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