Additivi alimentari: cosa sono e dove si trovano?

Da sempre la storia è stata maestra di vita e noi ne abbiamo fatto tesoro praticando, senz’altro inconsapevolmente, il mitridatismo,  che è una condizione di immunità ad una o più sostanze tossiche o veleni, che si raggiunge, assumendo costantemente, dosi non letali delle predette sostanze.

Fu Mitridate il Grande a creare questa sorte di immunità, avendo perso il padre a seguito di una congiura. I nostri veleni di uso quotidiano sono gli additivi alimentari, che vengono aggiunti intenzionalmente negli alimenti o sulla superficie, per conservare più a lungo possibile le caratteristiche che ha il prodotto fresco. L’uso degli additivi è disciplinato da numerose organizzazioni internazionali che testano gli additivi, con indagini, che vengono condotte sia su modello animale e, dove possibile, sull’uomo, per verificarne con rigorosi controlli la non tossicità a breve e lungo termine. Le indagini vengono condotte sotto il controllo di organizzazioni internazionali e nazionali, che stabiliscano per ogni additivo la dose accettabile giornaliera, attraverso la dieta nell’arco della vita senza che compaiono effetti indesiderati.

donuts-2969490_1920

Il principale organismo europeo è l’Efsa, sempre a livello internazionale esiste il comitato congiunto gli esperti sugli additivi alimentari Jefca dell’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura FAO e dell’organizzazione Mondiale della sanità Oms.

Gli additivi autorizzati sono sostanze prodotte secondo procedure codificate approvate dalle organizzazioni dopo che sono state valutate sicurezza, purezza chimica e assenza di contaminanti tossici. L’uso ne è consentito solo se c’è una esigenza documentata. In altre parole anche se non è ritenuto nocivo, l’additivo non è consentito se non è necessario.  Fatto tipico visto lo strapotere delle multinazionali, che incidono in ogni modo per indirizzare, condizionare imporre scelte diverse da quelle stabilite dalle organizzazioni di controllo. Poiché siamo certi che gli additivi possono essere pericolosi alla salute, interagendo con il nostro organismo in vari modi e causando nel migliore dei casi effetti collaterali se non addirittura l’insorgenza di neoplasia  è bene  limitarne l’uso.

Gli additivi alimentari più contestati sono :

  • coloranti
  • conservanti
  • antiagglomeranti
  • grassi idrogenati
  • aromi artificiali
  • glutammato monosodico
  • edulcoranti
  • ftalati
  • nitriti e nitrati.
  • antibiotici omessi in etichetta.caramel-1952997_1280Molti non sanno che le sostanze usate come additivi o conservanti hanno un documentato effetto anti- decomposizione ed anti – putrefazione, rallentando la decomposizione dei cadaveri. A conferma di quanto detto negli ultimi 30 anni accade che sempre più spesso vengono ritrovati i cadaveri, dopo anni di sepoltura, non decomposti. 3000 anni fa, Ippocrate, considerato il padre della medicina, metteva in guardia i suoi pazienti stimolandoli ad una sana alimentazione nutraceutica dicendo:

“ fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina sia il tuo cibo “.

Ma oggi che questo accada è difficile, basti pensare che per essere tranquilli sull’assunzione degli additivi le agenzie hanno creato un monumento a l’ipocrisia, fissando le dosi giornaliere accettate vale a dire la quantità che può essere assunta ogni giorno, tutta la vita, senza danno, ed è espressa in mg per kg di peso corporeo al giorno.

Perfetto! Chi acquista, armato di lente di ingrandimento, per poter leggere l’etichetta, tornando a casa dovrà consultare la pubblicazione del ministero sugli additivi e stabilire dopo un rapido calcolo in base al peso corporeo quanto consumarne. Tutto questo grazie al Regolamento Europeo  1169/2011 che è stato modificato al fine di migliorare la leggibilità delle informazioni, stabilendo una dimensione minima dei caratteri fissata in 1,2 mm ( eccetto confezioni < a 80 cm2 minimo 0,9 mm).

Sarebbe opportuno che anche in Italia fossero introdotte le etichette a semaforo che consentirebbero ai consumatori di scegliere gli alimenti necessari ad alimentarsi correttamente. Il sistema è basato nella versione francese da un codice a 5 colori dal verde scuro a rosso abbinato alle prime 5 lettere dell’alfabeto che indicano la salubrità del prodotto, scegliendo il più indicato nella stessa categoria di prodotti. Questo tipo di etichettatura, che secondo lo studio pubblicato dalla rivista American Journal of Clinical Nutrition risulta efficace per la scelta volta a raggiungere un equilibrio dietetico, è osteggiato dalla Industria e dalle istituzioni, che pare non hanno alcun interesse ad imboccare l’unica strada che migliori la qualità della vita. Solo tornando alle origini possiamo avere la speranza di una vita migliore. Ovvero, per andare avanti bisogna tornare indietro ricordando che il nostro organismo per millenni ha avuto una nutrizione naturale e ha sviluppato il microbioma intestinale che secondo uno studio della statunitense Georgia State University, pubblicato su Cancer, viene alterato dagli emulsionanti, che sono fra i più comuni additivi alimentari, promuovendo sia l’infiammazione che il tumore del colon retto. L’uso degli emulsionanti, secondo i ricercatori, promuove un cambiamento nella composizione del microbioma intestinale  tale da costituire un ambiente favorevole all’insediamento e lo sviluppo di tumore.

Vino: nutraceutico dalla vite alla tavola

WhatsApp Image 2018-05-26 at 13.02.53Il vino secondo la definizione riportata nel disciplinare è il prodotto  ottenuto esclusivamente dalla fermentazione alcolica totale o parziale di uve fresche, pigiate o no, o di mosti di uve. Questo processo, la vinificazione, risale al 4100 a.C. con la scoperta in Armenia della più antica cantina per la conservazione del vino .

Ma veri maestri nella coltivazione della vite e del processo di  vinificazione furono i Greci, che producevano vini ad alta gradazione alcolica, dolci e particolarmente densi, che per essere consumati era necessario mescolarli all’acqua. Successivamente i Romani  fecero loro l’esperienza dei Greci, migliorando , grazie alla potatura della vite ed all’invecchiamento, la qualità del vino.

Ma nei secoli successivi si ebbe un decadimento della qualità del vino e questo durò fino al Rinascimento, quando si restituì al vino il suo ruolo. Nel 17° secolo poi quando si introdusse l’innesto e si utilizzarono le prime bottiglie di vetro ed il tappo di sughero, che ne consentì la conservazione, il vino divenne protagonista indiscusso della mensa.

I processi di vinificazione si sono sempre più affinati nel corso dei secoli ed oggi, grazie alla innovazione tecnologica, il vino è diventata una bevanda prelibata, che assunta con moderazione è salutare.

Quali sono i benefici del vino?

Una ricerca pluriennale condotta da CNR, Ist. di Biologia e Biotecnologia Agraria dell’Università di Pisa e del dipartimento di chimica e chimica industriale, gli riconosce valore nutraceutico, grazie all’attività antiossidante cellulare.

WhatsApp Image 2018-05-26 at 13.01.47

Nella buccia dell’uva sono contenute fibre solubili, le pectine ed insolubili la cellulosa e sostanze antiossidanti gli antociani, mentre nella polpa, che rappresenta l’80-85% del peso, i principali componenti sono l’acqua per circa il 70-75% , il glucosio ed il fruttosio  con 5-6 grammi per 100 grammi di uva, inoltre, ac. malico, ac. tartarico, ac. citrico. Sali minerali ( rame, magnesio, fosforo, ferro, potassio, calcio e zinco )  vit.  C – B – niacina.

 

Nei vinaccioli sono presenti sostanze antiossidanti gli acidi grassi polinsaturi.

Pur rappresentando una sostanza giuridicamente legale, l’alcol è una sostanza psicotropa, che assunta in dosi elevate determina effetti dannosi all’organismo e può indurre dipendenza. Recenti evidenze dell’International Agency for Research on Cancer mettono in guardia quanto sia difficile definire un livello di consumo privo di rischio.

Quindi, alla luce dei dati disponibili, è possibile consigliare di no superare una quantità di alcol pari a:

2 unità alcoliche al giorno per l’uomo;

1 unità alcolica al giorno per la donna;

1 unità alcolica al giorno per l’anziano > 65 anni;

1 unità alcolica al giorno per persone con età compresa tra 18-21 anni ;

0 consumo di alcol prima dei 18 anni .

L’unità alcolica equivale a 12 grammi di alcol che si trova in 125 ml di vino, con gradazione alcolica di 12°.

people-3308747_640Secondo il global status report on alcohl and health dell’OMS l’abuso di alcol ha causato nel mondo nel 2017 3,3 milioni di decessi, pertanto,  non potendo stabilire in senso assoluto livelli di consumo, che non comportino alcun rischio per la salute, è bene ricordare che l’abuso determina problemi psichiatrici, tossici e cancerogeni.

Infine, è bene ricordare che alcune situazioni fisiologiche o patologiche impongono l’astensione dal consumo di alcol: gravidanza, allattamento, età < 18 anni, epatopatie, patologie digestive e condizioni che richiedono l’assunzione di farmaci. Ma il consumo moderato e consapevole del vino, grazie alla sua funzione nutraceutica, comporta benifici che comportano un aumento dell’HdL, una modificazione della funzione del NF-KB, un insieme di fattori di trascrizione, che hanno un ruolo attivo nel meccanismo dell’arteriosclerosi, modificazioni dell’adesività piastrinica, impedendo la formazione di trombossano.

Del resto, uno studio effettuato con la partecipazione di soggetti in numero statisticamente significativo, svolto in USA e pubblicato nel 2016 su American Journal of Public Health ha chiaramente definito che l’uso di un bicchiere di vino rosso al giorno è statisticamente associato ad un rischio minore di ipertensione, infarto miocardico, morte improvvisa, demenza senile e calcolosi biliare.

Possiamo concludere dicendo che bere in modo parco e consapevole riduce il rischio di malattia, ma è la misura che fa la differenza, quantità superiori sono ritenute cancerogene, come definito fin dal 2007 dal World Cancer Research Fund.

Vitamina D: perché è così importante per il nostro organismo?

dr. Oreste Abate

Con l’arrivo della primavera la natura rifiorisce, tutto riprende colore dopo il grigio freddo invernale ed anche nell’ organismo umano si verificano cambiamenti, come una rinnovata vitalità.

Tralasciando i soggetti che non tollerano i passaggi stagionali  (i soggetti allergici ad esempio)  per i bambini la primavera è l’occasione per uscire , respirare aria diversa da quella domestica e soprattutto prendere luce naturale, sole, correre, giocare.

Studi recenti hanno evidenziato che un adulto su cinque ha una carenza importante di vit. D ed in percentuale maggiore lo stesso accade  nei bambini ,particolarmente se vivono in case poco esposte al sole (piani bassi o agglomerati molto affollati) e contemporaneamente non assumono alimenti contenenti di vit. D .

brown-eggs-3217674_1280Infatti la Vit. D origina da due fonti principali, quella cutanea attraverso l’esposizione ai raggi solari e conseguente trasformazione del colesterolo in 25 OH vit. D  e quella alimentare attraverso l’introduzione regolare di alimenti  particolarmente ricchi come latte e derivati, pesce, uova, frutta a guscio.cheese-3373604_1280

E’ nota a tutti l’importanza di tale vitamina  per l’assorbimento del calcio , elemento indispensabile per il  processo di ossificazione e crescita ossea, il cui metabolismo, strettamente legato a quello del fosforo è regolato dall’azione del Paratormone, ormone secreto dalle paratiroidi (minuscole ghiandole situate intorno alla tiroide). Un regolare funzionamento di esse fa si che  il livello del calcio ematico rimanga nella norma  attraverso un delicato meccanismo di azione che assicura il deposito di calcio nella matrice  ossea, il suo assorbimento attraverso l’intestino e il  suo riassorbimento a livello renale in rapporto alle necessità dell’organismo.

Si ritiene che anche altri ormoni possano avere un ruolo nel processo di raggiungimento della massa ossea totale (l’ormone della crescita avrebbe questa funzione oltre quella principale di favorire la crescita staturale)

Si comprende pertanto quanto sia alto il rischio che un basso livello di vit. D nel sangue possa esporre il soggetto a conseguenze importanti sulla sua salute.

Inoltre recentemente è stato  dimostrato che la carenza di questa vitamina ha effetti  non soltanto sullo sviluppo delle ossa ma anche sul sistema immunitario, cardiocircolatorio  e nervoso. Un bambino od un adolescente che lamenta astenia, depressione del tono dell’umore, facile stancabilità, suscettibilità alle infezioni, deve far pensare ad una possibile ipovitaminosi D e pertanto richiedere un’integrazione della stessa.

La supplementazione di vit. D è necessaria particolarmente nel primo anno di vita anche nei bambini allattati al seno (il latte materno è carente di tale fattore)  per evitare l’insorgere di patologie come il rachitismo carenziale .

Nei successivi periodi della crescita sono soprattutto l’alimentazione corretta-che tenga conto del fabbisogno di vit. D giornaliero- e l’esposizione solare ad assicurare il regolare apporto.

Sono sufficienti circa 20 minuti al giorno di esposizione al sole,al mattino presto, quando i raggi ultravioletti sono meno dannosi per la cute, ad assicurare la quota di vit. D di provenienza cutanea.

Il patrimonio osseo acquisito durante la crescita è una risorsa preziosa per tutta la vita  e va conservato e protetto fino all’età avanzata, quando il calo ormonale dovuto alla menopausa ed (in misura minore) all’andropausa causa un progressivo depauperamento della componente minerale dell’osso con rischio di fratture patologiche spesso invalidanti.

Dieta mediterranea: alleata della nostra salute

Già nel Medioevo esisteva la Dieta Mediterranea e se ne stabilivano le regole nel Regimen Sanitatis Salernitanum, primo e famoso manuale della salute del Medioevo.
Scritto in versi da Arnaldo di Villanova che fissava delle regole di vita:

  • ingrassare, ma con equilibrio;
  • attenersi dalla rabbia;
  • consumare solo formaggi freschi;
  • mangiare quando lo stomaco è vuoto;
  • fare una passeggiata dopo che si è mangiato.

Nel 1939, il primo a intuire la connessione tra alimentazione e malattie del ricambio, quali diabete, bulimia, o densità fu il medico nutrizionista italiano Lorenzo Piroddi, che a giusta ragione è considerato il padre della Dieta Mediterranea. Dopo anni dedicati allo studio e alla ricerca sulla alimentazione, altri, nel 1950 a Ghiffa, un centro di cura dove i pazienti vengono curati seguendo i dettami della dieta mediterranea, insieme alla somministrazione di specifiche tisane.

La dieta, figlia legittima di Piroddi, nel tempo ha avuto altri illustri padri adottivi il più famoso fu Ancel Keys, nato nel 1904 a Colorado Spring, lavorò come biologo, fisiologo e nutrizionista presso l’Università del Minnesota.
grandparents-2198053_1920Durante il suo soggiorno italiano prese parte al primo convegno sulla alimentazione che si tenne a Roma nel 1950 e restò affascinato dal dato della bassa incidenza di patologie cardiovascolari e disturbi gastrointestinali della regione Campania. Questa osservazione lo indusse ad uno studio pilota volto a cercare i fondamenti scientifici di tale incidenza. Sottopose ad indagini  gli abitanti di Nicotera in Calabria, che adottavano uno stile alimentare mediterraneo. La popolazione di Nicotera, di Montegiorgio e quelli della Campania avevano un tasso molto basso di colesterolo nel sangue e una percentuale minima di malattie coronariche, dovuta al regime alimentare adottato basato su olio di oliva, pane e pasta, aglio, cipolla rossa, erbe aromatiche, verdura pesce e poca carne.

Questo tipo di alimentazione venne chiamata Mediterranean Diet e ne fu Ancel Keys l’inventore .

Leggendo quindi la storia della dieta mediterranea il male cronico che affligge la cultura italiana. Come dice Montanelli nella sua storia d’Italia “forse uno dei guai dell’Italia è proprio questo che per la modestia del popolo quando grida < Forza Italia> allude solo ad una squadra di calcio” e non al valore di studiosi, scienziati, artisti che hanno segnato e fatto  grande questa nazione.

Keys rimase a Pioppi per oltre vent’anni dove vi morì nel 2004, all’età di 100 anni dimostrando in tal modo che la dieta mediterranea funzionava davvero in modo eccelso.

tmp905784851469172739Su questi dati si basa la cosiddetta piramide mediterranea i cui esiti hanno provato che nell’area mediterranea la qualità di vita è migliore e si vive più a lungo.

A 11 anni dalla scomparsa del suo padre adottivo la dieta mediterranea è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio orale e immateriale dell’umanità.

Quanto emerge dalla adozione della dieta mediterranea o simili a  quella mediterranea  mostra che questa rappresenta un fattore protettivo verso dei maggiori malattie croniche non comunicabili – NCD come le malattie cardiovascolari, il diabete, l’obesità, la malattia cronica ostruttiva polmonare e alcuni tumori-sono responsabili del 70% di  disabilità e dell’85% delle morti.

Oltre che un problema umano di sofferenze e di morte, esse costituiscono un carico pesante di ordine economico, sempre meno sostenibile anche in paesi a più elevata copertura sanitaria. Il ricorso a questo stile di vita rappresenta quindi un carattere di necessità.

Negli studi condotti, il concetto di dieta mediterranea è stato tradotto concretamen

food-2877773_1920

te in una dieta alimentare caratterizzata da: un elevato consumo di verdura, legumi, frutta e frutta a guscio, olio di oliva e cereali, da un moderato consumo di pesce e prodotti caseari e il vino; da un basso consumo di carne rossa, carne bianca e acidi grassi saturi.

 

Ma nonostante che risultati derivanti da questo tipo di dieta siano importanti per una migliore qualità della vita, dagli anni 50 ad oggi, si è assistito in tutta l’area del Mediterraneo, Italia compresa, a un graduale abbandono di questa dieta a favore di stile alimentari meno salutari.

In tale contesto, la Lombardia ha un indice di adeguatezza mediterranea di 1,35, il più basso in Italia. Questo comportamento alimentare nonostante la regione Lombardia sia considerata un’eccellenza in campo oncologico, si è visto che ogni anno muoiono per tumore 30,7 persone ogni 10.000 abitanti, contro una media nazionale di 28,6. Lo stile di vita e altri componenti ambientali sono da considerare le responsabili di questo paradosso.

Antibiotici naturali: come assumerli in maniera corretta

L’uso scorretto di un rimedio naturale e apparentemente innocuo come lo zucchero può arrecare problemi. Tutto dipende, infatti, dal tipo di lesioni da trattare e dalla concentrazione di zucchero che serve elevata, grazie alla elevata osmolarità, innesca un processo di disidratazione, che induce alla morte dei batteri, sterilizzando la lesione, ottimo rimedio quindi nei paesi industrializzati dove è in aumento l’antibioticoresistenza.

Questo fenomeno è un’emergenza particolarmente importante specie nelle ferite e ulcere croniche che affliggono pazienti già sottoposti a ripetuti cicli di antibioticoterapia che ha selezionato ceppi multiresistenti come gli stafilococchi Mrsa, pseudomonas, klebsiella che non rispondono alle terapie convenzionali.

Antibiotici tradizionali Vs antibiotici naturali

Le terapie con antibiotici tradizionali ma anche quelle con bendaggi hi-tech e quelle con gli ioni argento, che non sono scevre di difetti importanti, spesso non sortiscono alcun effetto. L’alternativa all’uso dello zucchero e la sua diffusione non converrebbe di certo alle grandi industrie farmaceutiche almeno che non si interessino a produrre un prodotto che ne ottimizza i limiti, di qui la ghettizzazione di prodotti efficaci, innocui e a basso costo. Altre alternative naturali che hanno proprietà terapeutiche simili allo zucchero ce ne sono diverse uno su tutte è il miele. L’azione antibatterica del miele  è dovuta alla concentrazione zuccherina elevata, alpH acido, alla azione della glucosio-ossidasi.

honey-pouring-spoon-33260Numerosi studi iniziati negli anni 50 dimostrarono le proprietà antibiotiche e antimicotiche e successivamente negli ultimi 15 anni, in una  ricerca universitaria, effettuata in Nuova Zelanda, è stata identificata una varietà di miele,quello di Manuka, che ha proprietà antibatteriche, antiossidanti, antivirali, antisettiche, antimicotiche ed anni di infiammatorie, molto elevate, rendendolo particolarmente efficace, grazie ad un componente il metilgliossale.

Questo miele risulta utilissimo nella cura di lesioni causate da:

  • escherichia coli,
  • staphilococco aureo,
  • citrobacterfreundi,
  • proteusmirabilis,
  • pseudomonas aeuriginosa,
  • streptococcusfaecalis,
  • streptococcuspyogenes,
  • staphylococcus aureo meticillino-resistente.

La spiegazione delle grandi capacità terapeutiche del miele sono dovute all’alto  contenuto di sostanze antibiotiche e a una presenza di perossido di idrogeno, ac formico ed a numerose vitamine e minerali che aumentano la pressione osmotica.

Un altro medicamento all-in-one ,che può sostituire egregiamente antibiotici ed antinfiammatori è una composizione fitoterapica con effetto cicatrizzante ed è costituita da una miscela composta al 50% di estratto di iperico ed al 50% di azadirachta indica a jus.